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CAST
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Christo Jivkov, André Hennicke, Marco Baliani, Fausto
Russo Alesi, Filippo Timi, Stefano Antonucci, Rocco
Andrea Barone
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PREMI
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RECENSIONI
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Il dubbio, la crisi dello
spirito, la perdita del senso sono i tratti tipici dell'uomo
moderno, anche se vengono più o meno abilmente rimossi nella
routine quotidiana e dietro lo specchio della normalità e
dei valori condivisi. In questo "In memoria di me" Saverio
Costanzo affronta in modo diretto tali questioni di ampio
respiro morale, riprendendo (anche se in maniera molto
diversa) il discorso sul recupero della libertà già presente
nel precedente Private.
Andrea è un giovane in crisi spirituale che decide di
entrare in seminario per dedicarsi al sacerdozio. Non
sappiamo le ragioni della sua crisi e del resto non sono
importanti nell'economia della pellicola; quello che è
davvero di grande rilevanza è il percorso interiore di
Andrea, il suo rapporto con gli altri novizi e con il mondo
di questo seminario veneziano (anche se non si vedono che
rari scorci degli esterni). Le atmosfere sono
claustrofobiche, i colori sospesi tra oscurità più totale e
nitore accecante, rappresentazione delle incertezze di chi
percorre il difficile sentiero della ricerca interiore.
Andrea è un personaggio problematico, dai modi misteriosi e
nei confronti di tutto quello che lo circonda curioso fino
all'indiscrezione. Questo favorisce un processo di
identificazione perché la curiosità e l'indiscrezione del
protagonista diventano "nostre", mentre ci addentriamo in un
microcosmo molto somigliante a una realtà militare. Questo
non deve stupire perché il linguaggio della fede fin dai
primordi ha attinto copiosamente dalla sfera lessicale
bellica; ad esempio San Paolo così esortava gli efesini
"Rivestitevi dell'armatura di Dio, per resistere alle
insidie del Diavolo" (Efesini 6:11). Del resto dietro a
questo "In memoria di me" c'è una ricerca approfondita sulla
storia della chiesa e della spiritualità cristiana, da Sant'Agostino
fino al Grande Inquisitore di Dostoevskij, evocato nella
scena finale.
Costanzo, nonostante abbia corso qualche rischio, evita
abilmente molti dei clichè in cui rischiava di cadere,
soprattutto grazie ad un cambiamento continuo di prospettiva
sia nella trattazione dei personaggi che nell'uso - davvero
molto curioso - della colonna sonora. I religiosi infatti
ascoltano valzer viennesi durante i pasti, particolare che
secondo il regista è copiato dalla realtà ad esempio presso
i gesuiti che usano la musica come forma di condivisione. Ad
una seconda lettura questa musica chiaramente non religiosa
rappresenta la pressione del mondo esterno sulla saldezza
delle scelte di vita e di fede dei novizi. Tuttavia Costanzo
non vuole dare risposte né facili vie di uscita in questo
lavoro che forse ai più risulterà anche ostico, ma porre sul
piatto una serie di problemi sulle scelte di vita che
riguardano cattolici, laici e non credenti allo stesso modo.
Il cast è all'altezza di questo compito particolarmente
gravoso, ma tra tutti spicca un magnifico André Hennicke nel
ruolo del Padre superiore, un personaggio sfaccettato ed
umanissimo, che sa essere severo ed intransigente ma anche
compassionevole e delicato.
Mauro Corso
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