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CAST
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Joseph Fiennes, Diane Kruger, Dennis Haysbert, Adrian
Galley, Shiloh Henderson, Mehboob Bawa
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PREMI
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RECENSIONI
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Nelson Mandela può essere
considerato a pieno titolo uno dei personaggi simbolici del
ventesimo secolo. Essenza vivente della lotta contro
l'Apartheid, dopo aver trascorso ben ventisette anni in
prigionia divenne nel 1994 il primo presidente
democraticamente eletto in un Sud Africa non più
segregazionista. Durante gli anni di prigionia Mandela fu
guardato a vista da una guardia carceraria di nome James
Gregory, che per la sua conoscenza dello Xhosi, il dialetto
nativo di Mandela poteva controllare agevolmente la sua
corrispondenza (che provvedeva a censurare con solerzia) e
le sue conversazioni semestrali con la moglie.
Goodbye Bafana mostra come si evolve il rapporto tra
prigioniero ed aguzzino e come il carisma di Mandela
lentamente faccia comprendere a Gregory l'ingiustizia
dell'Apartheid e la pacificità delle intenzioni del suo
movimento, che aspira alla nascita di un nuovo Sud Africa in
cui tutti siano liberi e pronti a collaborare l'uno con
l'altro in condizioni di parità. Così il film si dipana
dalla fine degli anni '60 fino al rilascio di Mandela l'11
aprile del 1994. Viene così mostrata una realtà speculare in
cui entrambi sono prigionieri del proprio ruolo: Mandela
perché terrorista e detenuto politico e Gregory perché
amante dei "kaffer", il termine dispregiativo con cui
venivano definiti in Sud Africa gli uomini di colore. La
storia però finirà per dare ragione ad entrambi.
L'ottica però è tutta secondo la visuale del carceriere, che
ha del resto firmato la biografia da cui è tratto il libro
di memorie, anch'esso dal titolo Goodbye Bafana.
Tutto è bello e buono dunque, verrebbe da dire. Ci troviamo
di fronte a un nuovo film su un uomo che nel suo "onesto"
operato viene a contatto con i grandi movimenti della
storia. Però è proprio qui che iniziano i problemi. Secondo
il biografo ufficiale di Nelson Mandela, il giornalista
Anthony Samson, il libro di James Gregory sarebbe in realtà
frutto di un abile falsificazione. Gregory cioè non avrebbe
mai avuto autentici contatti con Mandela, ma sarebbe venuto
a conoscenza di molti dettagli della sua vita privata grazie
al suo ruolo di controllore della corrispondenza del futuro
presidente. Forse è solo un'ombra, ma sufficiente a far
dubitare in ogni suo aspetto di un film presentato come
"storia autentica".
Mauro Corso
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