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CAST
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Michael Pitt, Louis Garrel, Eva Green, Robin Renucci,
Anna Chancellor, Florian Cadiou
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PREMI
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RECENSIONI
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Il Sessantotto è altrove, è un sentimento, è l’aria di un
periodo di grandi speranze giovanili, è la certezza di un
mondo che sarebbe mutato anche per merito dei ragazzi che
volevano cambiarlo: ma «The Dreamers - I sognatori» di
Bernardo Bertolucci, presentato fuori concorso alla Mostra,
è un film su tre adolescenti che, in autoreclusione
passionale in un appartamento parigino, fanno l’amore.
Soltanto all’inizio e alla fine ci sono due manifestazioni.
La prima rievoca la protesta collettiva e alla fine
vittoriosa del 1968 contro il licenziamento, voluto dal
ministro Malraux, di Henry Langlois, creatore e direttore
della Cinematheque di Parigi, santuario e università di
registi e cinefili internazionali: il film mescola a
perfezione documenti visivi d’epoca (con Truffant, Godard,
Belmondo, Malle, Jean-Pierre Leaud) e lo stesso Leaud che un
quarto di secolo dopo, nella ricostruzione reclama un
volantino tra grida e tumulti di ragazzi e cariche della
polizia. La manifestazione conclusiva è molto più dura: il
corteo che scandisce «dans la rue» (scendete in strada) e
«questo è solo l’inizio», sassi, incendi, automobili
rovesciate, fumo, cariche poliziesche, bottiglie molotov, un
ragazzo americano che quasi piangendo fa professione di
non-violenza, «questo è sbagliato, è violento, sono loro che
fanno questo e non noi, noi facciamo l’amore e il cinema, è
sbagliato», ma gli amici francesi non gli danno retta,
corrono avanti all’attacco con le loro molotov, e lui volta
le spalle alla manifestazione, se ne va. In rari momenti,
chiusi nell’appartamento, parlano di Mao («la rivoluzione
non è un pranzo di gala»), dell’unanimità sospetta del
Libretto Rosso delle Guardie Rosse. Ma sono appena
parentesi. Nella storia, tratta dal romanzo di Gilbert Adair,
un ragazzo americano a Parigi conosce alla Cinématheque due
ragazzi francesi, sorella e fratello gemelli, che lo
ospitano in casa durante un’assenza dei genitori; tutti e
tre cinefili appassionati, fanno giochi di cinema e di eros,
si amano esultano e soffrono, invadono l’appartamento
borghese con i loro corpi belli, giovani e nudi, sono
gelosi, si conoscono psicologicamente e carnalmente,
crescono, diventano adulti o quasi. I giochi di cinema,
molto divertenti e raffinati, comprendono citazioni da
vecchi film, alla maniera già sperimentata da Alain Resnais
in «Mon oncle d’Amerique». Quiz: chi da fastidio a chi
ballando, in quale film? Ed ecco Fred Astaire in «Cappello a
cilindro» che, danzando, disturba il sonno di Ginger Rogers
al piano di sotto. Greta Garbo esplora una stanza che vuole
ricordare per sempre ne «La regina Cristina»; Jean Seberg
vende il «New York Herald Tribune» sugli Champs Elysees nel
primo film di Godard, «Fino all’ultimo respiro»; il ragazzo
francese si masturba davanti ad una fotografia di Marlene
Dietrich che riappare in «Venere bionda», i mostri di «Freaks»
ripetono momento di allegria («È uno dei nostri!») e «Scarface»
ritorna vincitore. I giochi dell’eros, nell’appartamento
vasto e labirintico, scherzosi e profondi, stabiliscono
un’intimità naturale. Quando il ragazzo americano possiede
la ragazza francese da lui creduta molto esperta, si accorge
che è invece vergine: e il sangue dell’imene, stropicciato
sulle facce dei due giovani amanti, è come una bandiera. I
due gemelli si amano, sulla loro congiunzione manca soltanto
il coito, dormono e vivono insieme, sono come un’unica
persona nel legame che garantisce loro un’infanzia perenne
(«Dimmi che è per sempre», è l’implorazione di lei rivolta
al fratello). Nella casa, di giorno in giorno, l’atmosfera
si fa un poco soffocante, quasi non escono più, la ragazza è
tentata dal suicidio, i genitori che tornano una sera li
trovano insieme nudi e addormentati che ripartono lasciando
un assegno: finché un sasso non infrange un vetro, i tre
scendono in strada, si separano, e alla conclusione del film
Edith Piaf canta «Je ne regrette rien», non rimpiango nulla,
la nostalgia della giovinezza è una compagna amata. In «The
Dreamers», interpretato da attori giovanissimi ben scelti e
magnificamente diretti (Michael Pitt, Eva Green, Louis
Garrel), Bertolucci ha realizzato con grande maestria le
scene più difficili al cinema, quelle di sesso e quelle di
manifestazioni; e ha fatto un film pieno di vitalità,
energia e freschezza, bellissimo.
Lietta Tornabuoni - La Stampa
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