Un successo annunciato, ma comunque clamoroso. E' Sideways,
la commedia enologico-sentimentale che ha appena trionfato
ai premi Golden Globe, il vero caso cinematografico
dell'anno. Grazie a tutto ciò che non è: non è un kolossal,
non è stato preceduto da una martellante campagna
pubblicitaria, non è diretto da un regista sfonda-botteghini,
non ha un cast stellare. Eppure ha conquistato uno dei
riconoscimenti più ambiti (il Globo d'oro, appunto), e
certamente otterrà alcune nomination "pesanti" agli Oscar.
Sugli schermi italiani dal prossimo 18 febbraio, con
distribuzione 20th Century Fox, Sideways è una storia che
parla, fondamentalmente, di vino e d'amore. Il regista,
Alexander Payne, è tra gli autori indipendenti più
interessanti, ed è reduce dal buon successo di critica di A
proposito di Schmidt, con Jack Nicholson protagonista.
Stavolta, però, niente divi: gli interpreti principali -
Paul Giamatti, Thomas Haden Church, Virginia Madsen, Sandra
Oh - sono attori bravi, ma non celebrità da copertina.
Ma forse il fascino del film è proprio nella sua lontananza
dagli stereotipi della pellicola di successo, in quella sua
naturalezza tutta particolare. Al centro della storia, un
viaggio: due vecchi amici partono per un tour a base di
degustazione di vini. Un percorso tra le viti della Santa
Ynez Valley, che li porterà a guardare in faccia - come
spiegano le note di produzione - "le vicissitudini
dell'amore e dell'amicizia, la maledetta insistenza della
solitudine, i sogni, e l'irriducibile guerra tra Pinot e
Cabernet".
Filo conduttore di questa esplorazione, la "strana coppia"
maschile che compie il viaggio: Miles (Paul Giamatti),
aspirante romanziere che non si è mai ripreso dal divorzio,
depresso cronico e inguaribile pessimista; Jack (Thomas
Haden Church), ossessionato dal sesso, e in procinto di
sposarsi. Diversi, anche se amici, i due finiscono per
affogare entrambi - nel corso del tour - nel vino e nelle
donne: e chissà se poi riusciranno a riprendersi, a tornare
alle loro vite "normali".
Tratta dall'omonimo romanzo di Rex Pickett, la storia di
Sideways è stata, per il suo regista, un vero e proprio
colpo di fulmine: "Quello che mi commuove di più - ha
dichiarato - è il suo parlare di esseri umani e della natura
umana, di gente che ha dei difetti e dei momenti di
ambiguità. Troppi film, al giorno d'oggi, scambiano
l'umanità per la furbizia. A me interessa tornare a un
cinema come quello della Hollywood degli anni Settanta,
centrato su persone vere e su problematiche reali - e credo
che oggi come oggi ci sia un bisogno disperato di pellicole
umane".
Il tutto in una cornice sospesa tra il lato buffo e il lato
tragico dell'esistenza. Per non parlare del versante
propriamente enologico della vicenda, basato sulla decennale
disputa tra il Pinot e il Cabernet. Un versante tra i più
appassionanti per Payne, che ha ammesso come la fase delle
"ricerche" sia stata piacevolissima: "Ho bevuto tantissimo,
ho conosciuto molti produttori e ho cercato di scoprire
quanti più vini possibili". Un viaggio nel viaggio, che ha
catturato anche un pubblico - quello americano - sempre più
interessato all'arte del bere vino. Vedremo se gli
spettatori italiani, veterani dell'argomento, reagiranno con
lo stesso entusiasmo.
Claudia Morgoglione - La Repubblica (18 gennaio 2005)