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CAST
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Marina Golbahari, Khwaja Nader, Arif Herati, Zubaida
Sahar, Hamida Refah, Gol Rahman Ghorbandi
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PREMI
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56° Festival di Cannes - Quinzaine des Realisateurs -
Vincitore Camera d’Or – Menzione Speciale
Vincitore Medaglia Fellini dell’UNESCO
Candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero per
l’Afghanistan
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RECENSIONI
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Non ha solo un alto valore di testimonianza, questo povero
film afgano. Perché è anche un bel film, fin dalla prima
scena di una manifestazione femminile di protesta repressa
sanguinosamente dal regime talebano liberticida e misogino.
Realizzato fortunosamente e grazie al supporto della società
di produzione del regista iraniano Mohsen Makhmalbaf, il
film (che è l'opera prima di un regista lungamente esule)
racconta la confusa stagione di passaggio all'Afghanistan
post-talebano, che non vede cancellati per miracolo antichi
costumi e recenti terrori, attraverso la vicenda di tre
donne: nonna, madre, figlia. Senza un uomo, di uomini in
famiglia non ce n'è più dopo la desertificazione della
dittatura, le tre donne sono condannate dalla giungla di
pregiudizi e proibizioni alla morte per fame. Lo stratagemma
è allora quello di tagliare i capelli alla più giovane,
vestirla con abiti maschili e ribattezzarla Osama come un
Tootsie capovolto e poco da ridere perché abbia la speranza
di trovare lavoro e mantenere la famiglia. Trascinata dalla
nuova identità in situazioni e ambienti maschili "Osama"
finirà per farsi scoprire, umiliare, condannare alla
lapidazione. Che le verrà risparmiata in cambio del
matrimonio con un laido, disgustoso mullah. Uno spaccato per
niente pittoresco o patetico, anzi molto energico. Un altro
tassello di quel dovere della memoria che per fortuna non
tutti dimenticano.
Paolo D'Agostini - La Repubblica
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