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Victoria Abril, Penélope Cruz, Demián Bichir, Fanny Ardant

 


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Victoria Abril e Penélope Cruz. Bella lotta.
Soprattutto se la prima è un agente speciale del Paradiso e la seconda una pericolosa inviata dell'Inferno. Una bella lotta, una battaglia tra cielo e terra che si consuma nel secondo film del cinquantenne spagnolo Agustin Diaz Yanes, Nessuna notizia da Dio.
Le due dive iberiche - la prima affermatissima e amata musa almodovariana, la seconda ex promessa del cinema spagnolo e ormai proiettata nell'empireo (è il caso di dirlo) hollywoodiano - si affrontano in una eccentrica commedia nera che colpisce per l'immaginazione visiva di un regista che già aveva sorpreso il pubblico con il precedente Nadie hablarà de nosotros hayamos muerto (1995, premi Goya, l'Oscar spagnolo, come miglior film, regia e sceneggiatura). Nessuna notizia da Dio è stato concepito e scritto apposta per Victoria e Penélope con una geniale inversione di ruoli: la Abril, sempre coinvolta in parti drammatiche, qui è nei panni di Lola Nevado, diva della canzone anni '50 in Paradiso; la Cruz, che fa sempre personaggi buoni, nelle vesti (da maschiaccio) di una cattivissima.
Per le due attrici, Yanes ha immaginato un Paradiso che è una Parigi in bianco e nero virato seppia che sarebbe piaciuto a Truffaut. E un Inferno dai colori contrastati, molto corporeo, gestito da signori britannici dal senso dello humour malato. A capo del Paradiso c'è una signora chiamata Marina D'Angelo (Fanny Ardant!). Consigliere delegato della fiorente industria del Male è un giovanotto messicano con passaporto svizzero, impersonato da Gael Garcia Bernal, uno dei due protagonisti di Y tu mama tambien.
La direttrice generale del paradiso è naturalmente molto preoccupata per il bilancio in rosso del Cielo, al quale arrivano solo i soliti raccomandati che passano il tempo a guardare la tv. L'Inferno invece, grazieadio, trabocca di dannati. Ma un momento... arriva la sommessa preghiera di una madre, che chiede di salvare l'anima del suo figliolo Many, pugile suonato dal torbido passato. Presto, bisogna inviare un agente speciale per impedire che anche il pugile se ne vada al diavolo!
L'inizio è folgorante, condito con citazioni filosofiche (da Epicuro a Pascal), le battute serrate: "Essere buona per una donna non è certo sexy", sfotte Penelope. "Però è così chic, ne sono rimaste poche..." ribatte Victoria. Certo i continui cambi di registro, che dovrebbero dare ritmo, alla lunga non fanno benissimo al film. E molte scene risultano del tutto superflue. Ma la relazione tra il bene e il male e la necessità l'uno dell'altro per poter sopravvivere è un tema così profondo che Dìaz Yanes non può che affrontarlo in maniera scanzonata. Senza risparmiare spennellate 'politiche': nel summit che vede il Diavolo venire a patti con il Cielo (si intuisce un love affaire antico tra lui e la boss del Paradiso) si sente Lucifero sentenziare: "Hanno creato sulla Terra una schiavitù dello spirito, abbrutendo tutti con la tv. E' una Disneyland del Male. E dire che io secoli fa mi ribellai da un'altra tirannia..."
In una vicenda ricca di colpi di scena - divertente la scena in cui la poliziotta corrotta sferra un cazzotto al Diavolo in persona, che incassa - il confronto sul piano recitativo tra le due attrici rimane la cosa più gustosa. Con una piccola sorpresa finale sulla reale natura di Penélope...

di Camillo De Marco-kwcinema


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