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Corrado Fortuna, Rachel McAdams, Frank Crudele, Jessica De Marco, Mary Long, Beau Starr, Lori Hallier, Barry Flatman, Robert Bockstael. Licinia Lentini


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Non capisce molto bene quello che gli succede, il protagonista dell'ultimo film di Paolo Virzì, My name is Tanino, presentato fuori concorso a Venezia 2002. Anche se gli succede di tutto. Se quella di Ovosodo era la versione anni '80 di un classico sentiero della letteratura di ogni tempo, ovvero la storia di un giovane povero che si incammina per il mondo per vedere come è fatto, il personaggio di questo film ne è la versione anni '90 (come in un filastrocca: tanino era bambino quando è caduto il Muro di Berlino). Ma mentre su quello la durezza della vita aveva accentuato capacità di capire e sopportare, questo si aggira per il pianeta con una sprovvedutezza impressionante e ammirevole.

Residente a Castelluzzo, in Sicilia, si sente parte del popolo di Seattle (più che altro perchè è stato indoittrinato da un suo amico alternativo, sfigato e ossessivo) ma finisce negli USA a Rhode Islad per restituire una videocamera ad una morosa americana. Come in certe commedie di Zampa o di Risi, le sue capacità di adattamento in terra straniera sono direttamente proporzionali, alla sua propensione a ficcarsi nei casini più neri. Ospite dei borghesi genitori della ex fidanzata (che nel frattempo si è messa in pianta stabile con un biondone compagnao di college), svela l'adulterio della padrona di casa al marito senza accorgersene. Fidanzatosi con la figlia obesa del sindaco mafioso della città, grazie alle pressioni di suoi parenti che hanno fatto fortuna in giro con gli stessi metodi del sindaco, finisce su tutte le prime pagine d'America dopo aver buttato in mare la cicciona. E quando arriva a New York e incontra il suo mito cinefilo, Seymour Chinawsky, genio dimenticato dell'underground, scopre che il vecchietto non ha i soldi per pagare il taxi ed è meno capace di lui di tenere in mano una videocamera. Ignorante come un cammello (chiama "12" 8 e 1/2 di Fellini, all'esame di ammissione al Centro Sperimentale), ossuto, pieno di riccioli e occhi sgranati come un cucciolo bruttarello, non sa chi è come tutti gli adolescnti, ma nemmeno chi era suo padre (sulla cui morte fantastica come se fosse stato ucciso da sicari di cosa nostra) e nemmeno chi sarà in futuro. Virzì lo abbandona in aereo, espulso dall'America, a tentare di capire il significato della proria vita con una sceneggiatura come chi volesse scoprire il proprio nome sciogliendo un rebus della settima enigmistica.

Tormentato dall'infarto finanziario dei Cecchi Gori (accaduto a metà lavorazione), girato com ancora minor formalismo o sospetto di piaggeria degli altri film, My Name is Tanino è un film molto divertente e molto triste. Non ha lo smalto satirico e la coralità sociologica di Ferie d'agosto, non possiede il respiro romanzesco di Ovosodo, ma non è triste ciò che il film racconta, con il monologo fuori campo del protagonista, come in un film di Germi: che le cose hanno una incorreggibile libertà di accadere come diavolo pare a loro. Che cosa significhino e perchè facciano proprio così, è esattamente quel tipo di bellezza insopportabile che costringe qualcuno a raccontarle.

di Mario Sesti - Kwcinema


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