Si
può dare appuntamento a un sogno perché ripassi tra 25
anni? Barbara Kopple e Michael Lang, organizzatore dei
concerti rock a Woodstock, hanno pensato di sì e hanno
realizzato un bel documentario, My Generation. In cui
rievocano, contrappongono, resuscitano, con filmati, tre
stagioni: le 16 ore del 21 agosto '69, poi il '94 e il '99,
quando la gente del posto puliva i fucili per accogliere
"giovani sbandati e drogati", come in Easy
rider. Intanto la controcultura giovanile è diventata
business, merchandising, sponsor; buttarsi nel fango una
moda e il concertone costa ormai 40 milioni di dollari.
Woodstock, da cui si girò nel '70, a sangue caldo, un film
di Wadleigh montato da Scorsese, fu un raduno storico per la
cultura hippy "perché quelli erano i momenti dei veri
e chiari ideali della gioventù", dice oggi, ingrassato
e ingrigito, il manager Lang. Barbara Kopple, due Oscar,
gran documentarista, ha osservato nel corso del tempo sogni
e incubi americani, ha filmato scioperi di minatori ed
operai. Ma soprattutto la musica, dal concerto dell'81
contro il nucleare alla tournée di Woody Allen.
E da questo istruttivo, bellissimo, sinfonico My
generation, fatto di suoni, volti, campi lunghi,
l'espressivo anonimato, emerge la morale di un cambiamento
in nome del plusvalore, a scapito delle (presunte)
genuinità e innocenza del rock. Circola l'aria del tempo,
si rivedono i figli dei fiori, i momenti cult di
Santana e Jimi Hendrix, la gente che fa "moshing"
cioè viene sopraelevata sulla testa del pubblico con mani
birichine che se ne approfittano, e altri che rotolano nel
fango. Oltre a qualche cartello "abbiamo bisogno di
acido" e alle solite proteste, perché frattanto i
regolamenti si sono fatti ferrei almeno come la volontà di
trasgredirli.
La controcultura verace, dice la Kopple, è diventata merce
di scambio: ovunque bancarelle con l'industria del ricordo,
mentre i giovani di oggi non ne possono più del mito del
'68. E alla fine il vecchio Ginsberg cita Yeats, un bel
pezzo di sociologia applicata. Nella compilation del film ci
sono leggendarie presenze (The Who, Cocker, Joplin,
Metallica, Chili Peppers) e perfino un eroico italiano,
Zucchero, con la sua parte di gloria.
Maurizio Porro da Il Corriere della Sera