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     CAST


Cui Lin, Li Bin, Zhou Xun, Gao Yuanyuan


     PREMI

Festival di Berlino 2001

Gran Premio della Giuria
e Orso d'Argento per i Migliori Attori Emergenti a Li Bin e Cui Lin


     RECENSIONI


IL bel film cinese vincitore del Gran Premio della Giuria e dell´Orso d´argento per i migliori attori esordienti Cui Lin e Lin Bin all´ultimo FilmFest di Berlino, diretto dal trentaseienne Wang Xiaoshuai che sin dal suo primo film nel 1993 è stato molto apprezzato all´estero ed osteggiato dalle autorità statali della Repubblica Popolare di Cina, è ispirato a «Ladri di biciclette» di Vittorio De Sica. A un ragazzo di campagna di sedici anni, che ha faticato a trovare lavoro a Pechino come Pony Express («Voi siete i piccioni viaggiatori dei tempi moderni»), viene rubata la bicicletta datagli in uso a riscatto dalla agenzia di recapiti dove è impiegato, inizialmente all´80-20 (l´agenzia prende l´80% degli incassi, il lavoratore il 20%; poi la percentuale vergognosa diventerà del 50-50). Perde il posto. Lo riavrà se ritrova la bicicletta, una elegante mountain bike argentea su cui aveva impresso un segno di proprietà. La cerca, tra i milioni di biciclette di Pechino: e nella ricerca scopre la città, fatta come ogni metropoli di scintillanti grattacieli moderni e di casupole o vicoli antichi). Scopre quanto possa essere prezioso quello che per lungo tempo è stato l´unico mezzo di trasporto del popolo cinese e il suo simbolo di attività operosa: con la bicicletta si può lavorare, ma anche muoversi, trasportare oggetti, rubare, giocare e gareggiare, correre, divertirsi, sentirsi un angelo in volo. Il ragazzo ritrova alla fine la bicicletta in possesso d´uno studente che sostiene d´averla comprata di seconda mano. Il conflitto pare irrimediabile, ma non è così: e la soluzione assume in certo modo anche il valore d´una metafora politica.
In «Ladri di biciclette», capolavoro 1948 del neorealismo italiano, il furto diventava un´esplorazione di Roma e della realtà sociale del Paese subito dopo la seconda guerra mondiale, un racconto d´amore, di pietà umana, di poesia del quotidiano. Ne «Le biciclette di Pechino» il furto permette di constatare le differenze di strato sociale, le diversità fra città e campagna, i contrasti tra modernità e tradizione, le contraddizioni e il mix che distinguono la Cina contemporanea. Ma il film cinese è ammirevole soprattutto per la semplicità con cui sa raccontare l´essenziale, per lo stile nitido e delicato ricco d´innocenza sapiente, per le notazioni psicologiche (il fattorino preso nella porta girevole, smarrito nei grandi palazzi d´uffici, intimorito dalle misteriose seducenti ragazze urbane, mosso da una ostinazione originata dal senso di giustizia frustrato; lo studente accanito ai videogiochi, prepotente, labile).

Lietta Tornabuoni - La Stampa


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