IL bel
film cinese vincitore del Gran Premio della Giuria e dell´Orso
d´argento per i migliori attori esordienti Cui Lin e Lin Bin
all´ultimo FilmFest di Berlino, diretto dal trentaseienne
Wang Xiaoshuai che sin dal suo primo film nel 1993 è stato
molto apprezzato all´estero ed osteggiato dalle autorità
statali della Repubblica Popolare di Cina, è ispirato a
«Ladri di biciclette» di Vittorio De Sica. A un ragazzo di
campagna di sedici anni, che ha faticato a trovare lavoro a
Pechino come Pony Express («Voi siete i piccioni viaggiatori
dei tempi moderni»), viene rubata la bicicletta datagli in
uso a riscatto dalla agenzia di recapiti dove è impiegato,
inizialmente all´80-20 (l´agenzia prende l´80% degli
incassi, il lavoratore il 20%; poi la percentuale vergognosa
diventerà del 50-50).
Perde il posto. Lo riavrà se ritrova la bicicletta,
una elegante mountain bike argentea su cui aveva impresso un
segno di proprietà. La cerca, tra i milioni di biciclette di
Pechino: e nella ricerca scopre la città, fatta come ogni
metropoli di scintillanti grattacieli moderni e di casupole
o vicoli antichi). Scopre quanto possa essere prezioso
quello che per lungo tempo è stato l´unico mezzo di
trasporto del popolo cinese e il suo simbolo di attività
operosa: con la bicicletta si può lavorare, ma anche
muoversi, trasportare oggetti, rubare, giocare e gareggiare,
correre, divertirsi, sentirsi un angelo in volo. Il ragazzo
ritrova alla fine la bicicletta in possesso d´uno studente
che sostiene d´averla comprata di seconda mano. Il conflitto
pare irrimediabile, ma non è così: e la soluzione assume in
certo modo anche il valore d´una metafora politica.
In «Ladri di biciclette», capolavoro 1948 del
neorealismo italiano, il furto diventava un´esplorazione di
Roma e della realtà sociale del Paese subito dopo la seconda
guerra mondiale, un racconto d´amore, di pietà umana, di
poesia del quotidiano. Ne «Le biciclette di Pechino» il
furto permette di constatare le differenze di strato
sociale, le diversità fra città e campagna, i contrasti tra
modernità e tradizione, le contraddizioni e il mix che
distinguono la Cina contemporanea. Ma il film cinese è
ammirevole soprattutto per la semplicità con cui sa
raccontare l´essenziale, per lo stile nitido e delicato
ricco d´innocenza sapiente, per le notazioni psicologiche
(il fattorino preso nella porta girevole, smarrito nei
grandi palazzi d´uffici, intimorito dalle misteriose
seducenti ragazze urbane, mosso da una ostinazione originata
dal senso di giustizia frustrato; lo studente accanito ai
videogiochi, prepotente, labile).
Lietta Tornabuoni - La Stampa