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Jacques Gamblin , Denis Podalydes , Marie Gillain , Marie Desgranges , Charlotte Kady


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Laissez - passer sin dalla sua prima uscita alla Berlinale ha agitato gli animi dei critici francesi, ma anche di quelli italiani. Bertrand Tavernier ha realizzato un film tratto da una vicenda realmente accaduta e che ha come oggetto un periodo particolare della storia francese: l'occupazione nazista e il governo collaborazionista di Vichy. In modo ancor più specifico, il regista ha raccontato alcuni fatti che riguardano il cinema francese di quell'epoca.

Una delle grandi accuse rivolte a Tavernier è di natura politica e prende di mira direttamente il tema del film: la vita di registi, sceneggiatori e attori che lavorarono in modo ambiguo per la Continental, la casa di produzione cinematografica che dipendeva direttamente dal ministro hitleriano della propaganda, Goebbels. Alcuni di questi personaggi, sostiene Tavernier con la sua cinepresa, pur essendo nel libro paga dei tedeschi non perorarono in alcun modo la causa nazista. Anzi, riuscirono a fare della contro-propaganda, scrivendo soggetti che si rifacevano al passato e, con ciò, facendo passare in modo subliminale ideali contrari all'ideologia totalitaria.

In quest'ottica, uomini come l'aiuto regista Jean Devaivre (Jacques Gamblin) e lo sceneggiatore Jean Aurenche (Denis Podalydes), vengono considerati a pieno titolo dei resistenti. E sempre secondo questo punto di vista, il lascia passare del titolo va inteso come un lasciare che il nemico creda nella tua fedeltà e piena adesione. Ipotesi del tutto legittima quella di Tavernier, se intendessimo il cinema come una spada. Ma la resistenza ad un regime totalitario può escludere tout court il mettere in gioco la propria vita? Dobbiamo rammentare, che mentre questi registi prendevano soldi dai nazisti, altri venivano internati nei campi di concentramento o fucilati. Se è vero che i protagonisti di Laissez - passer facevano il doppio gioco, c'è chi affrontava il regime frontalmente senza ambiguità. Tavernier, però, ragiona come se fossimo nell'attuale epoca dell'immagine, attribuendo al cinema un valore che forse all'epoca non possedeva. E' probabile, invece, che i nazisti lasciassero - passare perché non reputavano il cinema pericoloso come la letteratura. Per questo i soli letterati che continuarono a scrivere in Europa erano collaborazionisti: gli altri furono ammazzati o costretti all'esilio.

I detrattori di questo film non hanno visto nel lascia passare solo un chiaro intento revisionista o, quanto meno, conciliatorio. Alla questione politica se ne è aggiunta una di carattere estetico. Laissez - passer è stato interpretato come un'apologia del cinema anni '40 e, soprattutto, come un brusco e ingiustificato distacco dai canoni della Nouvelle Vague. Quindi al revisionismo storico si è sommato quello di tipo cinematografico.

Ad ogni modo, fuori dalle contrapposizioni appena menzionate, Laissez - passer è un film che ammicca al cinema corale di Altman senza possedere, tuttavia, la carica dissacratoria e la satira irriverente delle opere del regista americano: Parigi non è Nashville!

Tavernier, come Altman, ha realizzato un'opera nella quale i personaggi non si muovono all'unisono. Ad esempio, i due protagonisti principali in tutto il film si scambiano solo un saluto di sfuggita e niente più. Le vicende si sovrappongono e sono raccontate in modo frammentario. Solo che Tavernier fallisce là dove Altman riesce a meraviglia. Il regista di America oggi, opera una feroce critica nei confronti del mondo moderno, compreso quello dello spettacolo. Tavernier in certi frangenti sembra paternalistico, suggerendo che in quella determinata situazione anche lui si sarebbe comportato così.

In Laissez - Passer i dialoghi non hanno mordente e manca totalmente il fuori campo. Quei fastidiosi rumori che in Nashville sporcano i dialoghi dei protagonisti, e danno l'idea di un discorso realmente spezzettato, sono stati eliminati. Ogni scena sembra rappresentare un mondo conchiuso e perfettamente autosufficiente dove, soprattutto, viene meno la rappresentazione della prevaricazione. Eppure siamo nel mezzo di un'occupazione nazista.

Quel che rende ancor più evanescente e al tempo stesso pesante questa pellicola, oltre alla durata eccessiva, è il fatto che Tavernier non riesca a mettere sotto la lente d'ingrandimento i motivi per cui la società francese mise da parte la propria tradizione giacobina e accettò supinamente di collaborare con i nazisti. Le possibili letture critiche della strana disfatta francese sarebbero molteplici, eppure Tavernier non riesce a darne nemmeno una. Solo una veloce battuta di un tedesco accenna per un attimo a questo tema: Perché vi siete arresi subito? Attendiamo ancora una risposta, in particolar modo, da chi al di là delle Alpi crede che il fascismo sia un affare esclusivamente italiano, ieri come oggi.

di Mazzino Montinari - Kwcinema


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