Ormai è un disco rotto: "il cinema italiano è fermo, morto".
Luogo comune o no, fatto sta che ogni anno quando i film
italiani si trovano immessi in manifestazioni internazionali
di cinema, , i consensi sono rari. E' il caso di "I giorni
dell'abbandono" presentato in concorso al 62° "Festival di
Venezia". L'accoglienza alla prima della critica è stata un
concerto, sicuramente poco educato, di "fischi" e "buuu"...
Marco (Luca Zingaretti) e Olga (Margherita Buy) sono sposati
ormai da anni. Marco non l'ama più, ha un'altra e va' a
vivere fuori di casa. Mentre deve badare ai due figli
piccoli e al cane e portare a termine la traduzione di un
libro che gli è stato assegnata dal suo datore di lavoro,
Olga cercherà di superare lo shock dell'abbandono. La
conoscenza dell'inquilino del piano di sotto, un timido
musicista straniero (Goran Bregovic) potrà forse
rappresentare una svolta nella sua vita...
Amici confessori che invitano a non abbattersi, figli
vittime della situazione che accettano tutto ad occhi bassi,
scatti di ira e grida incontrollate, delusioni che si
cercano di combattere andando colla prima persona incontrata
fuori di casa che magari si presenta dicendo "Buonaseeeeraaa…"
Sembra il peggior Muccino (che al di là dei pregiudizi di
molti, rimane invece uno dei migliori giovani registi
italiani), è invece Roberto Faenza il sessantenne cineasta
torinese autore di "Sostiene Pereira" e "Prendimi l'anima".
Di storie come queste ne conosciamo parecchie, soprattutto
italiane. Storie di coppie economicamente agiate che
smettono di amarsi a vicenda innescando umori e situazioni
tristi e malinconiche. Ci si aspetterebbe che, almeno, le si
affrontassero sotto una nuova luce, mettendo da parte una
volta tanto il registro drammatico-sentimentale che, come un
buco nero, inghiotte quasi ogni lavoro ad "alto budget"
italiano."I giorni dell'abbandono" invece è l'ennesimo film
fotocopia di tanti altri, in cui storie e volti dei
protagonisti ci sono più che noti. Così come lo è il titolo,
che ci metterà ben poco, una volta uscito dal circuito delle
sale, a confondersi tra i tanti simili del recente passato.
Poca originalità e un tema, quello dell'abbandono, che offre
ogni tanto anche dialoghi, involontariamente comici. Di
struggenti "Tu sei troppo buona, meriti qualcuno migliore di
me" ne abbiamo sentiti parecchi...
Il parallelismo tra la storia di Olga e quella del libro che
deve tradurre è caotica e invece di chiarire alcuni aspetti
psicologici della nostra protagonista, sembra un'estensione
della sua confusione.
Si salvano comunque gli attori protagonisti, anche se le
potenzialità tragicomiche della Buy potevano essere
sfruttate meglio, e Goran Bregovic si vede che è prima di
tutto un grandissimo musicista (compagno di tanti lavori di
Emir Kusturica)...
Andrea D'Addio – Film Up