Un
"Grande fratello" in versione sanguinaria, dove i
concorrenti sono eliminati a colpi di pistola invece che con
l'innocua "nomination" e dove il premio finale
consiste semplicemente nel salvare la pelle: l'ultima
frontiera del "reality show" è esplorata, con il
tono della satira nera, dal giovane regista Daniel Minahan
nel film "Series 7" presentato ieri al FilmFest
nella sezione "Panorama special" e destinato a far
molto discutere. "Quando abbiamo iniziato a girare -
osserva l'autore - l'idea di uno show televisivo in cui la
gente si uccideva ci appariva come un concetto estremo,
un'esagerazione; oggi, sfortunatamente, l'eventualità non
ci sembra più così lontana.
Il titolo della pellicola
, che esce a marzo negli Stati Uniti e a maggio in Italia,
distribuita dalla Lucky Red, indica una maratona di puntate
che fa parte del seguitissimo programma intitolato "The
Contenders". La campionessa in carica si chiama Dawn,
è incinta di 8 mesi; nel corso delle due serie precedenti
ha già fatto fuori dieci persone (i giornali la chiamano
"Bloody mama") e, per riuscire a tornare libera,
deve assolutamente vincere anche stavolta: "In genere
non guardo molto la tv - racconta Brooke Smith, l'attrice
che la interpreta -, perciò, prima di iniziare a girare, ho
visto una marea di videocassette di programmi tipo "Big
Brother" e "Survivor" e ho cercato di capire
il motivo per cui la gente li segue con tanto interesse
anche perchè trovo sia inutile limitarsi a puntare il dito
contro e giudicare". Risultato? "La gente ha
voglia di interpretare se stessa, si è stancata di vedersi
rappresentata da attori lontani mille miglia dalla normale
realtà quotidiana". Anche il regista Minahan, che
viene da lunghi anni di lavoro televisivo sia in Gran
Bretagna che negli Stati Uniti, ha visionato ore e ore di
"real tv": "A un certo punto ero talmente
ossessionato da quei programmi da non riuscire a smettere di
guardarli, sono così invadenti, così grezzi, eppure è
spettacolo, ho capito il motivo per cui la gente non riesce
a cambiare canale".
I sei concorrenti di "The Contenders", persone
normali con vite più o meno normali, vengono chiamati a
partecipare al programma dopo essere stati estratti a caso
in una lotteria. Ognuno riceve in dotazione una pistola (ma
poi ciascuno si organizza per proprio conto con coltelli,
giubbotti antiproiettili, fucili, iniezioni letali) e poi,
sempre sotto l'occhio di una telecamera, si apre la caccia:
"Ho raccontato la storia - spiega l'autore -
utilizzando esclusivamente le convenzioni televisive:
interviste, voci fuori campo, grafica, drammatizzazioni ad
hoc. Anche le riprese hanno avuto i tempi della tv, molto
ristretti, abbiamo girato per 21 ore al giorno per 4
settimane, proprio per ottenere il massimo
dell'autenticità". Pur consapevole degli effetti
negativi che la tv della realtà può provocare sul
pubblico; il regista è convinto che certi limiti non
saranno mai superati. Meno sicura di questo la protagonista
del film: " Non sarei poi tanto sorpresa se si
arrivasse a certi eccessi, in fondo non è già accaduto in
passato con gli spettatori di gladiatori?".
Fulvia Caprara