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Steffi Kühnert , Gabriela Maria Schmeide , Thorsten Merten , Axel Prahl


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Catastrofi d'amore (Halbe Treppe) di Andreas Dresen è un film tedesco realizzato secondo principi democratici. Tutti hanno collaborato attivamente alla stesura della sceneggiatura, concordando un compenso economico eguale per ognuno. Un modo diverso di fare cinema che ha portato a risultati sorprendenti: Halbe Treppe è infatti un buon film girato in economia che si è aggiudicato l'Orso d'Argento al Festival di Berlino.
Il film narra le vicende di due coppie, Chris e Katrin, Uwe ed Ellen. Quattro personaggi che non riescono più a vivere la loro storia d'amore in modo sincero. I due episodi principali sono la relazione extraconiugale che intraprendono Chris ed Ellen e, poi, la conseguente scoperta di questo tradimento da parte di Katrin e Uwe.

Riassunto in questo modo, il film di Dresen sembra effettivamente narrare le catastrofi d'amore di quattro individui ordinari. Facendo riferimento al titolo originale, Halbe Treppe cioè A metà strada (traduzione adottata dagli organizzatori del Festival del Cinema Tedesco tenuto a Roma lo scorso aprile), questa pellicola usa le vicende amorose dei protagonisti solo come espediente narrativo per raccontare, piuttosto, in una forma asciutta e realistica un fallimento di ben altre proporzioni. La vera catastrofe è di natura storica ed esistenziale. E' quella dell'unificazione della Germania (la storia è ambienta a Francoforte sull'Oder, una città della defunta RDT) che si è fermata, appunto, a metà strada. Ed è quella di un'umanità che rimane a metà del guado, imprigionata in un eterno presente che annulla il passato e allontana il futuro a tempo indeterminato.
Halbe Treppe racconta quattro storie di disagi esistenziali legati alla vita di coppia, ma anche e soprattutto alle insoddisfazioni quotidiane di uomini e donne che finiscono col dimenticare troppo velocemente ciò che sognavano di essere, e che non riescono a mantenere la promessa di cambiare la propria esistenza.

Dresen presenta queste vicende drammatiche con ironia talvolta anche sarcastica. Il quarantenne regista tedesco, nell'alternare il tragico al ridicolo, comunque, non perde mai il filo del discorso, anzi mettendo da parte un tono eccessivamente serioso riesce ad accentuare la drammaticità della vita condotta dai protagonisti. La capacità di Dresen sta proprio nell'alleggerire la situazione al momento opportuno, evitando cadute di stile e non andando mai sopra le righe.

Un elemento molto interessante del film è costituito dal continuo passaggio dalla fiction più autentica ad una sorta di documentario. Durante lo svolgersi delle varie vicende, accade che a turno i protagonisti della storia si allontanino dalla scena e raccontino fuori campo la loro vita. E' il momento del riscatto, è una specie di atto liberatorio che tende a destabilizzare l'opprimente realtà dei fatti. La macchina da presa pedina le due coppie ma poi è come se venisse scoperta e inseguita da quegli stessi personaggi che, per un breve momento, possono osservare oltre il proprio limitato orizzonte.

Questo mettersi fuori campo concede ai protagonisti l'occasione di potersi riconoscere anche per un solo istante come individui che posseggono un storia da raccontare. Narrare, allora, non significa altro che prendere possesso della propria esistenza, che osservarsi con distacco e distinguersi per mostrarsi agli altri, ricordando le proprie azioni e promettendone di altre. Ma è un lampo: il presente incombe e come una spugna assorbe uomini e donne privandoli nuovamente del loro passato e futuro. Uwe e compagni, rappresentativi non solo degli abitanti dell'ex Germania Est ma universalmente di un'umanità più vasta, rientrano nel campo, assaporando l'amaro calice di una vita che non concede spazio alla memoria e che, in assenza di futuro, rende vana ogni promessa. E' stato così anche nelle altre epoche: narrare la propria storia e mantenere le promesse sono lussi che in pochi possono permettersi. Forse è per questo che il cinema, anche quello più realistico, resta pur sempre una grande illusione: vedere ciò che normalmente non si vede, la storia degli invisibili.

di Mazzino Montinari - Kwcinema


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