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     CAST


Leonor Watling, Rosa Ma Sardà, Marìa Pujalte, Silvia Abascal, Eliska Sirova, Chisco Amado, Alex Angulo, Aitor Mazo, Xabier Elorriaga


     PREMI

 

 


     RECENSIONI


Una madre sessantenne s'innamora dell'amante di sua figlia e ci va a letto, una madre sessantenne comunica alle figlie d'essersi innamorata di una ragazza: un film drammatico inglese e un film-commedia spagnolo contraddicono l'immagine convenzionale della madre e l'idea che alle donne anziane sia interdetto il sesso con i suoi desideri e le sue pratiche. Scandalo? Sorpresa, magari: certo non è una tendenza, sono appena due film diversissimi tra loro basati su una trovata narrativa, però è possibile che c'entrino qualcosa la voglia di contestare gli stereotipi e le ipocrisie, la vita più lunga delle popolazioni europeeche impone un'altra considerazione delle età, la ricerca d'una parte sinora trascurata del mercato cinematografico, il piacere di stupire. (...) E' invece brillante «A mia madre piacciono le donne» delle registe spagnole Inès Parìs e Daniela Fejerman, con Rosa Maria Sardà protagonista e con Leonor Watling, la bellezza di «Parla con lei» di Almodòvar e di «Son de mer» di Bigas Luna. Nel giorno del suo compleanno, una madre sessantenne, famosa pianista, separata dal marito da tanto tempo, confida alle tre figlie ragazze d'essersi di nuovo innamorata: di una persona molto più giovane di lei, pianista, nata nella Repubblica Céca, e donna. La rivelazione lascia le figlie molto turbate. Dopo una prima reazione di civili banalità («Quella ragazza ha la nostra età», «Tutte siamo bisessuali»), il timore e la rivolta contro il cambiamento le spingono a un complotto per allontanare dalla madre il nuovo amore: ma le cose andranno diversamente. Tra Madrid e Praga, la commedia divertente e affettuosa dal gran lieto fine i cui nessuno più è solo usa l'ironia contro il pregiudizio, è più irridente che moralistica, più sentimentale che erotica, mostra di capire il bisogno di calore degli anziani («A modo mio, avrei bisogno di carezze anch'io», cantava Lucio Dalla) e allude soprattutto alle confusioni della identità femminile. S'erano già viste al cinema madri adultere, madri infanticide, madri criminali, madri assenti, bugiarde o cattive; anche madri lesbiche s'erano viste. Ma le protagoniste di questi due buoni film non sono donne fuori del comune, anzi (piuttosto, figli e figlie sono insolitamente spietati): questo dà una forza maggiore alla singolarità e trasgressione ma anche alla passionalità e tenerezza delle loro vicende.
Lietta Tornabuoni - La Stampa


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